Si sentiva carico. Era come se l’energia che ora riusciva a vedere nei suoi modelli, contemporaneamente scorresse in lui, elettrizzandolo.
Disegnava a tutte le ore, passava le notti sveglio a tracciare linee, che all’inizio apparivano confuse, ma poi, mano a mano che si “sintonizzava” con quello che vedeva, acquistavano senso e anche una certa grezza bellezza.
In quel periodo Odette, appena finiva di servire ai tavoli, passava da lui, senza neanche cambiarsi d’abito.
Semplicemente, bussava alla sua porta, con una cadenza placida ma insospettabilmente energica .
Lui, ormai, riconosceva all’istante quel suono familiare e apriva la porta, pregustando il momento in cui lo avrebbe salutato con quel suo sorriso sereno e divertito.
Poi lei si spogliava, come fosse la cosa più naturale del mondo, e si stendeva su quel divano pulcioso.
Iniziava la magia…le linee del corpo agile ma solido della ragazza, si intrecciavano davanti ai suoi occhi, e lui sentiva la matita scorrere sul foglio come guidata da chissà quale forza magnetica.
Quella volta, però furono interrotti…
La porta si spalancò e Jean, come al solito senza fare complimenti, entrò a gran passi nella stanza.
Andò dritto verso il foglio dell’amico, sorrise e lo fissò dritto negli occhi.
“Bene! E’ ora che tu impari a sentire la materia!”
Ne stava per tirare fuori un’altra…